"AUT" SIDE - il Blog

A mio figlio abilmente diverso.

Lettera n. 2

Delle parole, queste sconosciute.

Caro bimbo mio,
Dicevamo che per te passato e futuro non esistono, ma esiste solo l’attimo, e vivendo l’attimo, tu non ti leghi alle cose, ai luoghi o alle persone come sono solite fare le strane creature che ti circondano.

Ieri eravamo al Sud, oggi siamo al Nord. Ieri eravamo nella nostra casa al Sud, oggi nella nostra casa al Nord. E nell’uno e nell’altro caso tu continui a fare quello che hai sempre fatto: vivere il tuo presente fatto di salti sulla palla da fitness, che se inventassero delle gare di “jumping balling” tu ne saresti il campione; di “saltelli-tocca-pavimento” che ho imparato a fare anch’ io; di vocalizzi, che preferisci alle parole – ottima scelta! -; di cibi da gustare e di acqua da trattenere in bocca per qualche secondo perché è divertente provare, nel frattempo, a non cedere alle risate – mal che vada la sputi tutta -; di pezzetti di carne da lasciare sul piatto e da mangiare rigorosamente dopo il dolce; di mollette da bucato da sventolare accanto all’occhio e da mettere dentro un bicchiere di plastica da shakerare, perché è bello il rumore che fanno; di una realtà da osservare premendo il dito contro la palpebra a mo’ di grande pensatore, per distorcere la vista e vedere il mondo a modo tuo.

Ti osservo spesso, e ho notato che questi potrebbero essere degli ottimi esercizi che tutti potremmo fare.
Sai? Esistono corsi, libri, teorie, documentari su come stare bene nel presente. Mindfullness la chiamano. Ma io, avendo te a casa, il mio grande maestro, le ho dato un altro nome: “Christianfullness”. No, per carità, niente di religioso, altrimenti qui si scatena l’inferno – ecco, appunto -. Eppure, che strane creature davvero: anni fa era uno scandalo non credere in Dio, oggi è uno scandalo crederci, mah! Vai a capirli! -.
Dunque, religioni e Credo a parte, la Christianfullness è l’arte di “spensierare”, il metodo per rimanere nel presente senza andare a gironzolare tra passati e futuri.
Vogliamo suggerire qualche esercizio di Christianfullness?

1) Dunque, i salti sulla palla, lasciamoli stare. Solo tu puoi farli.
2) Vocalizzi: senza usare le parole, emettere dei suoni con il solo uso della voce. Si possono unire anche due vocali insieme, per esempio, “ui, ui”. Le vocali si possono anche allungare, se lo si desidera. Poi si possono anche inserire delle consonanti. Unica condizione: non si devono assolutamente formulare parole sensate, altrimenti si rischia di trasformarli in pensieri, e i pensieri poi fuggono in tempi che non ci riguardano – più che altro, perché non esistono.
3) Saltelli-tocca-pavimento: si fa un salto, poi, nel ridiscendere, si piegano leggermente le ginocchia e si tocca terra. Si salta di nuovo, e così via.
4) Acqua in bocca: si beve dell’acqua, senza arrivare a deglutirla, ma la si trattiene fino quando si riesce, e se viene da ridere, tanto meglio! Qui funziona il detto – appena inventato -: resisti o sputa.
5) Il pensatore: con l’indice – si può liberamente scegliere se mano destra o sinistra – si preme su un lato di una palpebra e si osserva la realtà così distorta.

C’è un segreto che tu, bimbo mio, mi hai svelato: la semplicità. La semplicità è il segreto di tutto, perché la semplicità spiazza. E quando c’è semplicità tutto fluisce, persino la “f” e la “l” di fluire: senti? “Fllluire…
Quando c’è un problema, basta entrarci dentro, frammentarlo, svisceralo e conoscerlo, perché è all’interno del problema stesso che si nasconde la soluzione, ed è talmente semplice che non ci si arriva, perché a noi esseri umani piace complicarci la vita. Per noi è tanto complicato semplificarcela, quanto semplice complicarcela – ed è complicato pure scriverlo! – . Siamo dei grandi artisti in questo. E questa, bimbo mio, è la normalità.

“Normale” è un temine che viene dal latino. Il latino, bimbo mio, è una lingua che considerano morta – porella – ma in realtà continua a vivere più che mai, perché è l’anima della maggior parte delle parole italiane. Viene da “normalis” e significa conforme alla squadra – no, non quella di calcio. La squadra è è uno strumento che serve per misurare gli angoli retti.
Quindi, normale significa “conforme alla squadra”, “perpendicolare”. E oggi si usa per dire che qualcosa è conforme a ciò che è socialmente accettato dalla massa. Tu per esempio, non risulti normale così come lo intendono le persone che ci circondano. E nemmeno io lo sono, non più, per scelta. Da qualche tempo ho deciso di allontanarmi dalla folla, ma ho dovuto fare un lungo percorso. Da cosa ho iniziato? Dalle parole, sì, le parole, bimbo mio, così tanto sconosciute a te, ma soprattutto a noi strane creature umane normali perpendicolari.

Le parole sono dei suoni che escono dalla bocca delle persone che ci circondano e che, invisibilmente, si infilano nelle nostre orecchie – certo che, detta così, fa anche un po’ di senso! – . Solo che, quando arrivano alle tue orecchie, rimangono suoni, il più delle volte ridicoli. E hai ragione, è vero, spesso c’è da ridere. In noi, invece, accade tutto in maniera un po’ diversa.

Vedi? Una volta che le parole escono dalla bocca di una persona, volano in aria come tante minuscole fatine invisibili, una per parola, e vanno in direzione di un’altra persona, andandosi a infilare nel suo orecchio. Quando entrano, pian piano, salgono su verso il cervello. Ed è lì che le fatine si trasformano. Possono diventare qualunque cosa: mostri, animali, oggetti, persone, scemenze, cuori, corbellerie – come le chiama la nonna – farfalle, macchine, di tutto e di più.

A quel punto, nel cervello si accende un enorme schermo e inizia a proiettarsi un film. Quindi il cervello è come una grande sala cinematografica, e sulle poltrone ci sono seduti tanti piccoli esseri elettrici che si chiamano neuroni. Lo so, non dovrebbero starsene seduti lì a guardare film, dovrebbero andare a lavorare, a coltivare le sinapsi nei campi, ma spesso preferiscono starsene a poltrire – “poltrire”, viene da poltrona. Se tu stai seduto per troppo tempo su una poltrona, in pratica, ti trasformi in poltrone. Quindi, bimbo mio, stai alla larga dalle poltrone in generale.

E cosa succede di là, tra le persone? Anche lì può succedere di tutto: possono litigare, abbracciarsi, lavare i piatti, piangere, starnutire, fare un viaggio, amarsi, ridere, farsi del male, farsi tanto male… sì, le parole hanno questo potere e tantissimi altri poteri. Le parole sono magiche, tutte, perché creano incantesimi. In inglese c’è una bellissimo termine, “spell”, che vuol dire sia “parola” – più che altro frammentare una parola lettera per lettera – sia “incantesimo”.

Le formule magiche delle fiabe, per esempio, cosa sono se non parole? E noi ogni giorno pronunciamo formule magiche e diamo vita a incantesimi sugli altri e su noi stessi. Siamo dei maghi senza saperlo, dei maghi pasticcioni, il più delle volte.

E vuoi sapere qual è il trucco per capire che quello che sto dicendo è vero? Il trucco sono le emozioni…

(Continua, forse)

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